giovedì 18 agosto 2011

Thrudhaim



Prologo

Eredi
AsenKor non riusciva a respirare, erano anni che non provava quel tipo di sensazione, ma era vissuto nella consapevolezza che sarebbe accaduto. Doveva avere pazienza, il male si sarebbe messo lentamente da parte e non avrebbe più occupato tutti i suoi pensieri, ci voleva tempo prima che il lacerante peso della perdita si assestasse nella sua mente,accanto al precedente, non meno grave, solo più remoto.
Il comando era nelle sue mani, sarebbe stato così, anche se gli eventi della giornata non fossero precipitati in quel modo. Era così difficile capire cosa fare o cosa ci si aspettasse da lui, era così difficile respirare.
A tentoni cercò di aprire l’armatura, tremava e con forza strattonò la chiusura ferendosi le dita, per un attimo il piccolo dolore chiese tutta la sua attenzione. Fissò il taglio da cui fuggiva il sangue, ne aveva visto tanto quel giorno, lo stesso sangue che aveva abbandonato il padre, lo stesso che il suo cuore, trafitto da una lancia, non aveva più potuto incanalare e superando gli argini della ferita si era riversato sulla terra, lasciando il corpo privo del suo calore e spoglio della dignità della vita, uguale ai tanti caduti quel giorno.
Tremava dal freddo generato dalla sua anima, il gelo stava intrappolando i suoi pensieri e la sua volontà.
AsenBrho e RunKirya cercavano conforto l’uno nelle braccia dell’altra, la vicinanza, però, non aiutava; il dolore non poteva essere diviso, solo sopportato.
AsenVè, aveva esaurito le sue energie e con esse qualsiasi sentimento, per se , per i suoi fratelli e per suo padre; nella desolazione della perdita si domandava: cosa sarebbe stato di loro adesso?

Cap.1(parte prima)
Miliziano
Figure nere e severe si aggiravano fra i pilastri, stazione, in quel momento di dignitari di corte e autorità, accorsi da tutto il territorio per presenziare all’insediamento del nuovo guardiano.
Non era un giorno di grandi aspettative, piuttosto l’evento si alimentava di curiosità.
Chi dimorava abitualmente a Thrudhaim sapeva cosa aspettarsi e voleva godersi i festeggiamenti, ma tutti gli altri erano curiosi e guardavano avidamente la parata di potere degli esarchi, ammantati nei loro abiti; esaminavano la schiera di generali e commentavano le armi da cerimonia; osservavano, con devozione, i sacerdoti; adocchiavano con deferenza i consiglieri e aspettavano l’insediamento dell’erede.
Le figure nere controllavano che tutti rimanessero alla base della torre centrale, in quella che veniva chiamata la foresta di Thrudhaim, dove ogni pilastro reggeva una porzione dell’edificio conico.
I neri miliziani guardavano per dovere, con occhi indagatori, cercavano piccole anomalie , si fermavano a chiedere informazioni e conferma sui presenti, presso i serventi del guardiano; tutto doveva scorrere secondo un rituale, invariato da generazioni come il corso del fiume Ginunga.
Il comandante dei miliziani di Thrudhaim sentì una voce familiare, il suo secondo in comando, Salbard stava parlando con due uomini e una donna, ai margini del primo cerchi di pilastri, vicino ad un ingresso.
-…neanche qui è chiaro?-
Hudrun si fece avanti affiancando il suo vice, un’occhiata ai tre gli diede un idea di quello che stava accadendo. Uno dei due uomini fece un passo in avanti e sorridendo si portò una mano sulla pancia in un trascurato gesto di saluto per un militare di rango superiore.
- Comandante, volevamo solo guardare.- disse rivolgendosi a Hudrun che non si sprecò ad ammonirli, non intendeva abbassarsi.
- Fuori dalla torre o siete in arresto.- rincarò,tagliente, Salbard.
- Noi siamo al servizio di NevLen.- la testa dell’uomo si piegò di lato, al colpo secco del vice comandante e prima che i suoi compagni potessero capire che fare, era steso lungo sul pavimento.
- Andatevene!- Intervenne Hudrun, la reazione di Salbard aveva sorpreso anche lui e non voleva problemi, non il giorno dell’insediamento. NevLen poteva lamentarsi il giorno dopo, con il nuovo guardiano, che avrebbe ignorato le lamentele.
I due mercenari, tirarono su il loro compagno e andando via, uno di loro sputò per terra e guardandoli di traverso disse a mezza voce -Servo.-
Salbard rimase impassibile, chiaramente non voleva mischiarsi oltre con miliziani di rango inferiore, nessuno al servizio del guardiano voleva confondersi con milizie private, era una questione di prestigio sociale. A Thrudhaim erano i più importanti fra i militari.
-Faccio un ultimo giro, ci vediamo nella cuspide.- Salbard non si fece ripetere l’ordine e si affrettò verso una delle uscite.
Hudrun ,addentrandosi nuovamente nella foresta, intravide Garmal tra la folla, si erano persi di vista per un po’ di tempo e l’abbraccio fu caloroso.
- Te la passi bene a Thrudhaim, ‘Scuro’.- usava sempre chiamarlo con il soprannome quando era pronto a prenderlo in giro.
- Non male, ho più tempo per Vasha e Lima; a te come va, come stà Garshin?-
- Al solito, il nobile comanda e noi obbediamo.- il generale si rabbuiò. -Garshin è morta.-
Hudrun lo guardò senza parole, i suoi cugini erano generali in seconda e dividevano il comando militare di una problematica provincia di confine.
- Dei, non lo sapevo mi dispiace; quando è successo?-
- Quasi un anno fa- sospirò – Dovevo esserci io al suo posto, mi sono messo a discutere gli ordini e Garshin ha rilevato il comando.- si strinse nelle spalle con impotenza.
Il miliziano ed il generale erano nobili di nascita, ma la famiglia di Garmal, per censo, era fatta di guerrieri. Quella di Hudrun manteneva il titolo, nessuno poteva toglierlo ma, le loro fortune non erano neanche più un ricordo. Il comandante aveva smesso di invidiare i suoi cugini quando aveva capito che il potere vero era dei nobili del consiglio e questi evitavano i rischi, prendendosi i meriti durante le parate.
Garmal tornò a sorridere dandogli una pacca sulla spalla, era un uomo cordiale ed il buon umore lo abbandonava per poco.
- Sei comandante, sapevo che ci saresti arrivato.- i miliziani non avevano ufficiali di grado superiore, il vertice delle loro gerarchie era il guardiano.
- Bisogna aspettare la conferma prima di rallegrarsi.-
- Credi che il ‘Servo’ abbia delle possibilità?-
Hudrun aveva ricevuto la nomina da AsenBrun poco prima della sua morte, ora spettava a suo figlio confermarlo o meno.
- Salbard è abile.- disse prudente, ma non gli piaceva l’idea d’essere scavalcato.
Il generale, con un cenno della mano, scartò la sua affermazione.
- Non sono mai riuscito a tenermela la spada con te.- entrambi sorrisero ripensando ad alcuni momenti passati assieme. VashLida si avvicinò ai due,salutata affettuosamente da Garmal.
- Vasha, quando ti decidi a stare con un vero guerriero?-
- Quando ne troverò uno disposto ad obbedirmi.- la donna lanciò un sorriso complice al compagno. L’affermazione scherzosa conteneva una grande verità. I miliziani obbedivano al guardiano, ma solo sotto il suo diretto comando, per il resto erano soggetti agli ordini di chiunque avesse un grado maggiore di comandante.

AsenKor, con un movimento spazientito, allontanò dal fianco il mantello per rinfoderare Bifrost che si bloccò nella custodia, ancora una volta scostò il mantello per ripetere il gesto. Il servente Thialfi aprì un nuovo mantello mentre l’erede si strappò di dosso il precedente a cui l’arma aveva aggiunto un buco.
-Va bene senza mantello.-tagliò corto Kor. Brho gli passò un paio di guanti. Indossati, la stoffa morbida e serica, gli fece sfuggire di mano l’arma. Il cilindro rotolò verso Kirya, mentre l’erede si liberò con veemenza da un’altra parte di vestiario che non sentiva proprio.
AsenKor era irritato dal modo in cui i suoi fratelli indossavano senza intralcio mantelli e guanti. Si sentiva inadeguato, spoglio… diede una occhiata al suo riflesso ed il metallo lucido gli restituì l’immagine di Brho e Kirya, alle sue spalle, con i loro mantelli bianchi disposti in morbide colonne, sembravano i pilastri di Thrudhaim.
Non c’era accordo nei suoi abiti, la sua carnagione era troppo pallida e contrastava con il rosso brillante della casacca, i capelli erano così chiari che gli sembrarono più adatti ad un vecchio in disfacimento. Si restituì lo sguardo, anche questo non andava bene, Brho e Vè avevano in loro la profondità crepuscolare, il suo era trasparente come il ghiaccio.
VarAde con un sorriso radioso,incorniciato da una sciarpa, gli porse una cintura.- E’ un regalo.-
- Ade, è splendida…- Brho osservò l’ impeccabile lavoro di oreficeria.
- Ti sarà costato una fortuna.- valutò Kirya.
Le placche circolari in oro reggevano,incastonate al loro centro figure di predatori, intagliate negli ‘shetla’ blu, pietre rare e difficili da lavorare. Ade conosceva bene i suoi gusti, non aveva sbagliato; se solo il suo umore fosse stato migliore, sarebbe riuscito ad apprezzare il dono.
- E’ sprecato, non mi appartiene…- agganciò la cintura sui fianchi e guardò la donna che continuava a sorridere, si domandò per quale motivo. Per un attimo ripensò a suo padre, non gli aveva mai chiesto come si era sentito il giorno del suo insediamento. Scacciò il rimpianto, troppo recente per essere un ricordo, troppo doloroso per essere evocato.

Salire alla cuspide si augurava durasse oltre il passaggio fra i guardiani.
Si schiarì la gola entrando, salutò formalmente, incrociò le braccia dietro la schiena e attese con Salbard che tutti lasciassero la stanza.
AsenKor aveva un’aura così cupa che saturava l’ambiente di malessere. Il comandante faticava ad adattarsi a quella situazione, il carattere dell’uomo suscitava in lui dubbi sulle capacità di comando dell’ erede.
Salbard, riempì una coppa di idromele, porgendola ad AsenKor, in due sorsi il liquore sparì e la coppa fu messa giù con forza, accanto alla bottiglia vuota. Il comandante in seconda diede una pacca sulla spalla di AsenKor, un gesto che mise Hudrun a disagio; gli Asen mantenevano un certo distacco dalle gerarchie dell’esercito, i miliziani non facevano eccezione. Salbard, però, aveva sempre goduto di libero accesso alla cuspide, prima ancora di diventare un miliziano; il comandante aveva constatato di persona che il suo secondo era sempre stato ligio al durshal, indubbiamente fedele ad un prossimo guardiano poco gradito, il prestigio di cui godeva se l’era guadagnato, eppure gli rimaneva un certo nervosismo perché ora non avrebbero più obbedito agli ordini di AsenBrun, ma di suo figlio: tutti sapevano che l’erede ed il miliziano erano buoni amici. Il ‘Servo’, come veniva chiamato Salbard, avrebbe fatto leva sul nuovo guardiano per ottenere qualche favore?
L’erede si mosse indeciso verso la porta, posò una mano sulla spalla del comandante e la tolse dopo un attimo di ripensamento.
- Scendiamo con i batif.- ordinò dirigendosi verso la balconata.
Una scelta inconsueta quella di fare il suo ingresso nel tempio accedendo dalle terrazze che si dipanavano a nastro lungo tutta la torre.
- Do immediatamente l’ordine…-il comandante si mosse verso un servente
- No, possono adattarsi ai cambiamenti.- disse montando sul batif che scrollando la testa lasciò penzolare la corta proboscide.
Senza discutere, Hudrun montò in sella e sollecitò il suo animale a sorpassare l’erede, che lo riprese ma senza asprezza.
- Stà dietro.-
Preso in contropiede il comandante si limitò a seguire gli ordini, mentre taciturni si accodarono altri quattro miliziani di scorta. La loro presenza era una formalità, una piccola parata di potere che ricordava a tutti che quella parte dell’esercito serviva esclusivamente il guardiano, lo proteggeva. Ma con quella formazione Hudrun non capiva cosa intendesse dimostrare AsenKor.


Il sole penetrava nella sala, proiettando dita di luce che puntavano verso due monoliti. Le decorazioni a cerchi concentrici, incise sulla loro superficie, erano fitte e complesse nei punti in cui si intersecavano, parlavano un linguaggio antico che nessuno ricordava più; chiunque entrasse nella sala del tempio, limitava la sua voce ad un sussurro o taceva. La corte, accompagnata dal fruscio d’abiti e tintinnare dei gioielli, coronò la balconata del luogo sacro e guardando in basso osservò i consacrati che, scalzi e silenziosi, si riunivano a cerchio attorno alle due pietre ciclopiche.
La porta del tempio si spalancò con un tonfo quando il batif la urtò con le zampe anteriori, le sette figure in sella entrarono, con calma, mentre gli astanti, dopo la prima sorpresa, tornarono ad osservare il silenzio. Le zampe ungulate degli animali tacquero ed un attimo dopo l’erede cominciò a discendere la scalinate a ventaglio verso il sagrato dei monoliti. Ad ogni passo il rumore dei tacchi si liberava dal pavimento e rimbalzava, morendo sui pilastri e le pareti lontane. L’incedere esitò un attimo quando il sacerdote si inginocchiò dinanzi alla figura imponente, che passò oltre quasi ignorandolo.
AsenKor sciolse le mani di due consacrati ed entrò nel recinto sacro che avevano formato attorno alla soglia dei mondi, al centro del quale si trovava un largo braciere di metallo ricolmo di legno. Sostò per un attimo dinanzi ai due megaliti poi si girò verso la balconata, con lentezza estrasse Bifrost dalla custodia e impugnando con la destra, fece in modo che tutti gli astanti, avessero tempo per riconoscere il simbolo del potere che solo un guardiano, per diritto di nascita ed eredità, poteva impugnare.
Un secondo mormorio reverenziale, si diffuse nell’aria nell’istante in cui Bifrost si estese rivelando la sua singolare natura.
A suo volere, anche se Kor non avrebbe potuto spiegare come, quello che appariva solo come un cilindro poteva estendersi alle estremità, due punte acuminate lunghe quasi due braccia ciascuno…



Divise l’arma in due, altra sua caratteristica e girandosi, verso il braciere fra i monoliti, piantò le due punte nel legno, in un batter d’occhi una fiammata alta ed intensa si sprigionò accompagnata da un nuovo vociare stupito;anche il fuoco dipendeva dalla sua volontà, ma come per Bifrost l’erede non sapeva spiegarne la nascita, sapeva solo che poteva generare una fiamma, che la sua volontà in quel momento pretendeva di rendere alta e spettacolare. Le ombre dei monoliti di colpo si proiettarono sul pavimento, fitto di simboli e arcane geometrie, da cui il sacerdote ed i suoi officianti avrebbero tratto letture per il futuro del suo dominio e le sorti del territorio di Austri. I consacrati sciogliendo il cerchio cominciarono a segnare la lunghezza delle ombre e le oscillazioni che avevano per il fuoco. Kor si augurò che la fiamma fosse alta e spettacolare abbastanza per l’intrattenimento dei religiosi e auspici favorevoli per il buon umore del consiglio, infondo sapeva che le divinazioni della porta erano tanto più accurate quanto più risultavano vaghe.




Il comandante fece un cenno ed i miliziani si mossero, imitati dagli spettatori, per dirigersi verso la sala consigliare.AsenKor sarebbe stato l’ultimo a lasciare il tempio e fare il suo ingresso dinanzi al consiglio.
- Hai buone speranze per lui?- chiese sotto voce Salbard,
- Sarà un buon guardiano.- rispose formale Hudrun
- Preparati, stai per perdere il tuo titolo.- sorridendo andò via senza dargli modo di rispondere. Un pugno nello stomaco lo avrebbe ammutolito alla stessa maniera. Avrebbe dovuto immaginare che il ‘Servo’ pretendeva una adeguata ricompensa alla sua fedeltà. Con un senso di inevitabile sconfitta percorse il corridoio e salì con fatica le scale verso la sala. L’ ingiustizia cominciò a mordere i suoi pensieri, ma l’orgoglio gli impedì di mostrare il suo avvilimento.
Aspettò che i membri dell’assemblea entrassero nel cerchio del colonnato e con un cenno della mano diede il suo ultimo ordine.
A gruppi di sei, con mani dietro la schiena, i miliziani si piazzarono l’uno accanto all’altro fra le colonne, Salbard era di fronte a lui dal lato opposto della sala, manteneva un volto impassibile.
Era stato troppo ambizioso? Eppure sapeva che: ‘ …sarai sempre un miliziano anche con Vasha al tuo fianco’ VashTara lo aveva sempre ammonito con la superbia dei nobili ,che un tempo si erano conquistati la loro superiorità con la forza e le spade e ora la ritenevano per se vestendola di sacralità, diritto di nascita, essenzialmente ricchezza e capacità di corruzione. Si sentì male per Vasha e umiliato per il loro bambino.
I miliziani a parte qualche eccezione, non erano nobili, ma dimostrando capacità e dedizione al guardiano potevano migliorare la loro condizione sociale. Con AsenKor questo era ancora più vero,aveva una predilezione per i miliziani; continuavano a rivestire il ruolo di soldati personali del guardiano, continuavano ad essere subordinati ma , avevano visto accresciuto il loro prestigio …..
Dalla terza fila, dietro i banchi degli esarchi, VashLida gli lanciò una un fuggevole sorriso, si sentì mortificato, lei era splendida, una donna forte come poche e desiderava essere degno della sua compagna, ma la sua condizione sociale segnava il suo ruolo ed a quello neanche il ‘Riluttante’ AsenKor poteva sottrarsi.
Il pavimentò vibrò sotto i suoi piedi ed ogni colpo del battitore di cerimonia sottolineava l’avvicinarsi del nuovo guardiano. Si fece da parte con i suoi compagni per lasciare libero il passaggio ed osservò un volto teso che si avvicinava. AsenKor si fermò due passi prima di entrare, aveva la fronte leggermente sudata, il respiro corto ed affannato. Il battitore aveva smesso di scandire il momento e attese…poi cominciò a fissare l’erede immobile sulla soglia. Molti occhi del consiglio scrutarono nella direzione di AsenKor. L’imbarazzo cominciò a serpeggiare in Hudrun. Perché si comportava così? Non doveva fare altro che entrare e sedere fra i due pilastri, non c’era niente di complicato. Lo osservò attentamente: si comportava come un iniziato alla prima battaglia; ne fu irritato ci mancava solo che dovesse spingerlo dentro.

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